Milano, frustava i figli con i cavi elettrici e li teneva la notte sul balcone

Una donna del Salvador di 38 anni è stata arrestata con l’accusa di maltrattamento, colpevole di frustare i suoi tre figli rispettivamente di 18, 16 e 13 anni con dei cavi elettrici. Non solo cavi elettrici, la donna, con evidenti problemi di salute mentale, picchiava i propri figli e gli stringeva le mani al collo per i motivi più futili, anche per più di un’ora.

La donna si è resa anche colpevole di aver, in passato, minacciato di morte il figlio più grande al quale, tra l’altro, ripeteva: “Preferisco andare andare in galera, ma voglio vederti tre metri sotto terra”. Addirittura più di una colta il figlio di 16 anni è stato costretto a passare intere notti chiuso fuori sul balcone di casa.

La donna, dopo la denuncia del 22 luglio del figlio maggiorenne, è stata arrestata e rinchiusa nel carcere di San Vittore. L’arresto è stato possibile grazie alle numerose prove che il ragazzo ha portato e fatto vedere ai carabinieri come foto, video e i referti del pronto soccorso dei fratelli. In attesa di conoscere i risultati della triste vicenda, il ragazzo maggiorenne è attualmente ospite presso una casa di amici, mentre i sue fratelli più piccoli sono ospiti di una comunità

Secondo quanto raccontato dai ragazzi agli inquirenti, le punizioni che la donna infliggeva ai ragazzi erano frequenti e partivano dai motivi più futili, come ad esempio un ritardo senza avviso o un piatto  mal sistemato in frigorifero. La donna era arrivata a Milano nel 2009 per lavorare come domestica e successivamente nel 2014, era stata raggiunta dai tre figli.

Non solo la mamma, ma a quanto pare anche quando erano in Salvador i tre ragazzi subivano violenze da parte del padre, mai venuto a Milano dalla famiglia. I tre i ragazzini hanno infatti raccontato che il padre li picchiava con la cintura. Le indagini degli inquirenti sono poi continuate nella scuola frequentata dai ragazzi, dove sono state raccolte numerose testimonianze di amici ed insegnanti.  La misura di custodia cautelare in carcere è stata motivata dal giudice con il “pericolo di reiterazione del reato”.

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