La Razionalizzazione di Piazza 24 Maggio

Buone notizie. I lavori della Darsena, secondo il Comune di Milano, “rispettano il cronogramma”. Se questo annuncio, del 23 Aprile, corrisponde a realtà, non potremmo saperlo che domani, mercoledì 21 Maggio, data della prima delle dieci scadenza del progetto di rifacimento di Piazza 24 Maggio. Nel frattempo, la buona notizia certa, è che il Comune si è mostrato molto trasparente a riguardo del progetto, perlomeno sui suoi aspetti logistici, se non necessariamente su quelli economici. Il piano di restyling è consultabile sul sito del Comune dal 13 marzo, le modifiche alla viabilità sono state pubblicate online sia da Atm sia dal Comune, che ha anche pubblicato degli aggiornamenti sull’avanzamento dei lavori, e organizzato una visita al cantiere per i commercianti della zona. Commercianti, che come sempre, hanno mosso alcune critiche al progetto. Non c’è dubbio che un anno di chiusura della piazza per lavori, sia, in effetti, un duro colpo per i negozi della zona. Tuttavia è difficile sostenere la posizione che Piazza 24 Maggio non avesse bisogno di lavori, e dare una svolta radicale alla struttura della piazza, anziché introdurre piccole modifiche per migliorarne la viabilità, è senza dubbio una scelta vincente sul lungo periodo.
L’aspetto della nuova Piazza e della nuova Darsena, è stato ampiamente pubblicato su giornali locali cartacei o online. Vorrei quindi soffermarmi non sulla nuova ma sulla vecchia piazza, perché con la sua trasformazione, scompare una parte di Milano. Milano non ha un centro storico pittorescamente “carino”, come molte città italiane, ma neanche un centro storico moderno e razionale, con lampioni e panchine di design, come una città dell’Europa settentrionale. A Milano, e Piazza 24 maggio ne è un simbolo, si percepisce una collisione tra idee diverse, la presenza di progetti fatti a metà, il susseguirsi di un fare e disfare durante il quale, tra i vari strati, si è sedimentata un po’ di umanità accidentale. Piano piano scompare la Milano di Scerbanenco, dove si entrava in macchina nel Parco Sempione, o quella di Miracolo a Milano, dove tra un palazzo signorile e l’altro apparivano terreni abbandonati, o meglio, secondo l’espressione francese: “terrains vagues” – terreni vaghi-, ossia senza una precisa destinazione, senz’altro brutti, ma anche rassicuranti nella loro trascuratezza, possibilità rimaste aperte in mezzo alla città dell’ottimizzazione.
Piazza 24 Maggio era senz’altro rappresentativa di questa Milano, troppo impegnata a crescere per guardare ai dettagli, e per non dimenticarsi dei pezzi. Piazza 24 con le rotaie del tram accavallate senza senso, con il suo arco irraggiungibile nel mezzo di un crocevia di macchine, con le colorate bancarelle sudamericane del mercato comunale, con il chioschetto per riparare le biciclette che occupa tutto il marciapiede, con triangoli di aiuole abbandonate in mezzo al traffico, con il suo albero solitario e immenso, abbracciato dai fili del telefono e da fila di macchine, con un circolo Arci in una metà della porta e una sede della Lega nell’altra. (Studio di Tandem-Mi sulla vecchia viabilità: https://www.youtube.com/watch?v=K79xWq4ovPI). La nuova 24 Maggio sarà bellissima, non ne dubitiamo. Speriamo solo che il banchetto del pesce fritto vi ritrovi presto il suo posto, e che nella nuova geografia della città rimanga lo spazio per qualche spigolo di non razionalità.

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Laura Meda, milanese doc, è una giornalista che trasforma storie quotidiane in parole. Collabora con Milano Life dal 2016.

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